Dal 12 Settembre fino al 29 Ottobre.
Orari apertura della mostra: giorni feriali 17.00-20.00

Supernova vi invita all’inaugurazione della mostra di Arturo Herrera “Fare un giro” a cura di Allegra Pesenti il 12 Settembre alle 18:30.

Arturo Herrera applica strategie moderniste di frammentazione e ripetizione in un lavoro che affronta l’eredità dell’astrazione con l’arte del collage. Per Fare un giro l’artista ha scelto di attivare lo spazio Supernova in Piazza di S.Maria in Trastevere a Roma con una selezione mirata di opere seriali e individuali che combinano passato e presente, enfatizzando la fisicità dei materiali sia all’interno che intorno alle opere stesse.

Il sottile giustapposizione di realtà nel linguaggio visivo di Herrera è tratta dal suo straordinario archivio di immagini trovate. Due serie in mostra per la prima volta in questa esposizione sono state prodotte durante la residenza dell’artista all’American Academy di Roma tra settembre e novembre 2023. ‘Fare un giro’, che si traduce approssimativamente come “fare una passeggiata,” fa riferimento a siti e città italiani in una presentazione specifica per lo spazio e il luogo.

All’ interno dell’installazione riproduzioni fotografiche di statue antiche e tombe etrusche si scontrano con un’immagine ingrandita della Gazzetta dello Sport – il quotidiano sportivo immediatamente riconoscibile per le sue pagine rosa e che ha il maggior numero di lettori in Italia.

Le opere di Herrera spaziano dal miniaturale al monumentale, dalle superfici piatte dei collage tradizionali a composizioni scultoree tridimensionali e assemblaggi. Oggetti trovati vengono incorporati nelle sue forme in opere come ‘Bang e Untitled’, un grande foglio monocromatico di feltro tagliato che scende dalla parete. “C’è un’interazione tra l’oggetto trovato e il suo legame con le fonti culturali quotidiane che riflette l’aspetto contaminato dell’astrazione odierna”, spiega Herrera.

Un elemento distintivo dell’installazione al Supernova è la carta da parati raffigurante una foresta che rappresenta uno stato più anonimo e trasportativo. Questa scena avvolgente propone una pausa all’interno degli ambienti urbani e culturali durante il giro dell’artista. “Il visitatore è invitato a intraprendere il proprio tour all’interno delle composizioni costruite dall’artista, che propongono letture e associazioni stratificate,” afferma la curatrice Allegra Pesenti, “in un corpo di lavoro che ridefinisce la natura e l’impatto della forma del collage.” Fare un giro è la prima e tanto attesa mostra di Arturo Herrera a Roma.

Una cartolina in edizione limitata di Arturo Herrera è disponibile per l’acquisto al Supernova, con i proventi destinati alla Comunità di Sant’Egidio.

La mostra sarà aperta dall’ 11 al 30 Aprile. Dal Lunedì alla Domenica dalle 11 alle 21.

La mostra, a cura di Annalisa D’Angelo, sarà allestita attraverso opere di grande formato raffiguranti scene di natura di forte impatto aventi al centro una piccola, fragile, figura umana, che dialogheranno con opere di piccolo formato, intime, fatte di dettagli di rocce, fiori, tronchi con l’intento di unire i sentimenti contrastanti tra il dolore per la difficoltà a procreare e il bisogno antico di sentirsi abbracciati da Madre Natura.  A completare la mostra ci sarà un allestimento materico a cura di Eugenia Lecca che sceglierà elementi naturali, quali fiori e piante al fine di contaminare gli elementi e realizzare una mostra fotografica dove tecnologia e natura si incontrino.

Inaugurazione il 14 Febbraio alle 18:00 e rimarrà aperto fino al 14 Marzo

il 14 Febbraio vi invitiamo all’ inaugurazione della mostra personale di Daniele di Girolamo Misure di una Distanza alle 18:00. A cura di Niccolò Giacomazzi.

Misure di una distanza di Daniele Di Girolamo si sviluppa in due ambienti in evoluzione suddivisi nei livelli di Supernova, esplorando le dinamiche relazionali secondo una duplice consapevolezza: rapportarsi con l’altro e ascoltare i flussi interiori della propria memoria. Queste sono le corde che Daniele intende toccare.

Al piano terra, la mostra presenta l’installazione di tre coppie di cardi che danzano nello spazio, disegnando delle orbite attraverso il districarsi di tubi in ottone. Dei fili elettrici scorrono all’interno degli steli artificiali che, come la linfa vegetale, permettono al fiore ermafrodito di ruotare su sé stesso e ricercare un contatto possibile. Osservando il comportamento di una pianta posta all’interno di un ambiente buio con una sola fonte di luce, noteremo come essa troverà la via per raggiungere la sorgente luminosa. Al pari del fototropismo, i cauli dei cardi trovano un luogo d’incontro al termine delle loro esplorazioni spaziali, dove il raggiungimento della luce viene sostituito dall’atto necessario di incontro. Le rotazioni ci mostrano la mutevolezza dei rapporti, che possono sfociare talvolta nel non ritrovarsi mentre in altre esprimono le contingenze del riunirsi in un abbraccio e un inevitabile rilascio. Il respiro caldo e il battito dell’avvicinamento vengono richiamati dallo sfregarsi delle spine acuminate e interrotti dalla frustrazione del loro ignorarsi. L’intero processo relazionale fatto di avvicinamenti, rifiuti e circostanze sbagliate, come descrive lo stesso Daniele, si manifesta “dolce, violento, buffo, romantico, malinconico, erotico e crudo”.

Nell’attimo di massima tensione, la percezione di un legame è possibile quanto quella di un contrasto. Il percorso degli steli concretizza il trascorso precedente all’incontro, frutto di un moto dalle strutture definite. In questo momento, l’incontro fa il proprio corso e si parla del presente: le sensazioni corporee e le risonanze emotive di ogni individuo agiscono sul proprio stato passionale. Si entra in una riflessione più introversa e intima, che conquista l’apice di intensità con l’installazione del piano inferiore.

Nello spazio sotterraneo, si mostrano tre sculture lavorate con un materiale plastico che richiamano la forma di cilindri accartocciati. Al loro interno vi è la sabbia del mare che, soggetta a un moto rotatorio, ricrea il suono della risacca. Dall’elemento naturale, prelevato dal suo contesto d’origine, viene estratta una memoria sonora che continua a ricordarci il luogo da cui proviene. In questa dimensione, il rapporto con l’altro svanisce in una relazione più individuale e diretta con sé stessi. Il tempo rallenta, l’ascolto aumenta: si lascia libera la mente di scendere nelle profondità e di prendere le misure della distanza che unisce o separa sé stessi dagli gli altri.

Siamo aperti dal Lunedì al Venerdì dalle 17:30 alle 20:00

SPACE HOUSE di Valerio D’angelo apre un varco sulla piazza di Santa Maria in Trastevere e ci trasporta in un’altra realtà. Come si evince dal titolo, la mostra si lega indissolubilmente al concetto di spazio, inteso sia nella sua accezione astronomica che architettonica data la natura site-specific, e approfondisce delle intuizioni provenienti dalla fisica quantistica. Per comprendere questo connubio in termini semplicistici, immaginiamo di trovarci di fronte a un distributore automatico di palline speciali e imprevedibili. Tirandone fuori alcune ognuna si comporta in maniera diversa da quella che ci potremmo immaginare: una potrebbe rimbalzare davanti a noi e allo stesso tempo muoversi orizzontalmente, un’altra assumere sembianze difformi da quando la si osserva a quando no, e così via. Questo accade nella fisica quantistica con lo studio delle particelle e nella pratica di Valerio D’Angelo con i riflessi che si generano negli specchi dicroici delle sue installazioni.

L’accesso alla mostra è permesso attraverso un portale che pone lo spettatore al centro di una nuova dimensione. Con il passaggio lo spazio vibra, si altera e riflette immagini distorte, dando la prova che siamo una sola possibilità tra infinite possibilità. L’installazione diventa un luogo intermediario di moltiplicazione delle forme e dei colori, della verità. Valicata la soglia, si accede agli ambienti di Supernova dove una luce fredda rivela le strutture, a volte colossali altre intangibili, di elementi che si presentano come porte d’imbarco verso altre galassie. La pellicola dicroica, materiale prediletto da D’Angelo, si esibisce dapprima come entità fluida ora come organismo che assume sembianze diverse in base al supporto che lo ospita, che sia una colonna, un mobile veneziano o un proiettore. Il susseguirsi di opere-portali priva il nostro universo, quindi noi esseri umani, della centralità di cui godiamo portando invece l’attenzione verso l’ignoto, oltre i confini della percezione. La nostra immagine subisce uno sdoppiamento, si frammenta in mondi dislocati nei quali diventano possibili e probabili svariate esistenze.

Nell’ultimo capitolo della mostra, appare un’immagine che sembra essere osservata al microscopio: è la sintesi della teoria del cervello di Boltzmann. Attraverso lo studio di lenti e luci appare la proiezione di un micro frammento di realtà, trasposizione del cervello fluttuante che genera ciò che percepiamo come reale. In questo caso la teoria stessa viene capovolta, non è più il creatore a dare forma e proiettare, bensì siamo noi ad osservare la sua proiezione in un movimento lento e ipnotico.

Tutto viene messo in discussione, noi e l’intero universo. Anche se solo per un secondo.

Statement Valerio D’Angelo

La mia ricerca artistica si focalizza sull’elemento del riflesso, inizialmente inteso come gesto narcisistico che permette di isolare ed esaltare la propria immagine e aprire a nuove forme di percezione di sé. Approfondendo questa indagine, la seconda dimensione a cui si ha accesso attraverso il riflesso ha acquistato sempre maggiore importanza, arrivando a essere percepita come una realtà altra, dislocata e ugualmente presente. Questo pensiero ha assunto sfumature inquietanti, seminando nella mia coscienza la sensazione che l’immagine riflessa non fosse solo frutto di un nostro meccanismo ottico, ma una realtà che ci osserva a sua volta. Siamo noi il frammento, il doppelgänger di altre realtà.

Le riflessioni su dimensioni parallele e portali d’incontro, capaci di mettere in dubbio la centralità della nostra esistenza, mi hanno portato ad avvicinarmi alla fisica quantistica. Mi sono lasciato ispirare dall’idea, secondo cui la nostra realtà è molto improbabile e possibile solo perché tutte le altre realtà possibili sono tali: siamo un’improbabile possibilità di infinite possibilità. Banalmente, ma anche no, è ciò che viene trattato nella serie animata Rick and Morty.

Certo è che nel cosmo di tutte le infinite dimensioni noi non siamo al centro. Le altre realtà non sono di certo proiezioni della nostra, bensì – più probabilmente – noi una piccola sfumatura di realtà molto più probabili. Nello specchiarmi mi piace pensare che potrei essere io stesso il frutto di un riflesso. Divento frammento di una realtà possibile, non più al centro dell’universo. Gli specchi sono pensati come gate di

comunicazione tra diverse realtà, dove più che scrutarne una nuova ci si rende conto di esserne una a nostra volta, magari osservata per un istante. Il lessico delle mie installazioni si allinea all’immaginario cinematografico e fantascientifico degli anni Ottanta-Novanta e prende spunto dalla narrativa distopica post-apocalittica, dove tutto viene capovolto e la linearità della nostra esistenza viene spezzata.

La fisica probabilistica ci rende consapevoli di verità assurde che trattiamo quasi come un gioco. Voglio prendere le probabilità della fisica quantistica, trasferirne la consapevolezza e riportarne l’esperienza.

La mostra sarà aperta dal 1 al 15 Dicembre

Venerdì 1 Dicembre 2023 inaugura la mostra personale Puramente immaginabile del duo Mozzarella Light, composto da Giulia Ciappi e Marco Frassinelli, a cura di Niccolò Giacomazzi, ideata per lo spazio Supernova.

L’intervento di Mozzarella Light consiste in una manipolazione visiva del mondo esterno con la luce, mezzo onnipresente ma al tempo stesso immateriale. Attraverso la luce si stabilisce un rapporto diretto con lo spazio, che viene rispettato nella sua alterità con un atteggiamento innocente. I raggi luminosi invadono l’intero ambiente frammentando il raggio di luce lineare a contatto con la presenza intermediaria, in questo caso la plastica e l’acqua.

La mostra sarà aperta fino al 15 di Dicembre dalle 18 alle 20 dal Lunedì al Venerdì.

Senza Ideologia, 1975 (Proiezione su latte)
Senza Ideologia, 1975 in situ a spazio supernova

Fabio Mauri è una delle voci più prominenti dell’avanguardia italiana del periodo post-bellico. Ha vissuto tra Bologna e Milano fino al 1957, quando si trasferì a Roma. Nel 1942 ha fondato la rivista Il Setaccio insieme all’amico Pier Paolo Pasolini. Ha insegnato Estetica dell’esperimento presso l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila per 20 anni. È stato invitato alla Biennale di Venezia nel 1954, 1974, 1978, 1993, 2003, 2013 e 2015, e a DOCUMENTA (13) a Kassel nel 2012.

Nel lavoro di Mauri si possono trovare diversi temi importanti, plasmati nelle sue opere d’arte: lo schermo, i prototipi, le proiezioni, la fotografia come pittura, l’identità sostanziale delle strutture espressive, il rapporto duraturo tra il pensiero e il mondo e tra il pensiero come mondo. Il lavoro di Mauri, complesso come un saggio storico, diventa la sua autobiografia, compatto e uniforme nello sviluppo e sfaccettato nell’attenzione al mondo contemporaneo: un’analisi in cui il destino dell’individuo e la storia coesistono.

Nelle azioni di “Senza” vengono esposte una serie di opere intellettuali, organismi, disegni complessi, come film. Proiettati sul ‘mondo’ come su uno “schermo” né neutro né uguale, dotato di forma e significato e, cioè, del suo proprio simbolo. Il dibattito contemporaneo è morale, politico ed ideologico. Nelle proiezioni di “Senza”, attraverso film “d’autore” (non a caso, spesso, europei), vengono identificati tagli essenziali della cultura moderna. Proiettati, come se introiettati, su oggetti e corpi. L’arte indaga la categoria storica del suo tempo. Il prodotto intellettuale agisce come protagonista: possiede forza e peso specifico, ‘fisico’, nell’ordine della trama, cioè, del suo costituente simbolico. Lo fa, perché è, storia e mondo.